News | 04 agosto 2025, 09:00

Exor cede Iveco. L’eccellenza italiana è ora in mano a Tata Motors e Leonardo

La holding Exor della famiglia Agnelli-Elkann separa le attività di Iveco, e conclude l’opa concordata mediante un’operazione di compravendita pari a un valore complessivo di 5,5 miliardi di euro

Exor cede Iveco. L’eccellenza italiana è ora in mano a Tata Motors e Leonardo

Quando si parla di eccellenza italiana, non si può non menzionare Iveco, l’azienda numero uno specializzata nella progettazione e costruzione di veicoli commerciali leggeri, medi e pesanti, mezzi cava/cantiere, autobus urbani e interurbani e veicoli speciali per applicazioni quali l’antincendio, le missioni fuoristrada, la difesa e la protezione civile. Fondata da Bruno Beccheria a Torino nel 1975, con 50 anni di storia alle spalle, leader nel settore in Italia, Spagna, Inghilterra, Francia e Germania, frutto di una società per azioni, ha fatto la storia del nostro Paese e dell’Europa. Ogni viaggiatore italiano si è trovato dinanzi all’insegna Iveco almeno una volta nella vita.
Il passato 30 luglio 2025, Iveco Group è stato ceduto dalla holding Exor, appartenente alla famiglia Agnelli-Elkann, che ha venduto il 27% “di proprietà italiana” di cui erano detentori, per un valore complessivo di 5,5 miliardi di euro. Gli acquirenti: il colosso indiano Tata Motors e Leonardo (ex Finmeccanica).
In una trattativa complessa, dovuta alla divisione strategica dell’operazione di compravendita, la Exor conclude separando i rami di attività. Cioè, con la cessione dell’intera divisione di furgoni e autoveicoli commerciali a Tata Motors, mediante l’Opa (offerta pubblica di acquisto) volontaria a 14,1 euro per azione, per un corrispettivo totale di circa 3,8 miliardi per Iveco. Mentre il ramo Iveco Defense Vehicles (IDV), relativo ai mezzi militari e cingolati, separato dalla capogruppo, è finito per 1,7 miliardi a Leonardo SpA (ex Finmeccanica), la società italiana a controllo pubblico attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza.
Ma in questa operazione finanziaria chi sono i “vincitori”?
Da una parte, il colosso indiano acquista Iveco, dotandosi di un gruppo di veicoli commerciali con la portata, il portafoglio prodotti e la capacità industriale necessarie per affermarsi leader globale del settore ed arginare la concorrenza cinese. Si stima che l’unione avrà vendite superiori alle 540.000 unità all’anno e ricavi pari a circa 22 miliardi di euro, suddivisi tra Europa (circa 50%), India (circa 35%) e Americhe (circa 15%), con posizioni interessanti nei mercati emergenti in Asia e Africa.
Dall’altra parte, Leonardo SpA consolida il ruolo di player di riferimento nel settore europeo della difesa terrestre, restando sotto il controllo dello Stato per concorrere alle commesse sul riarmo. Ed Exor di Agnelli ed Elkann incassa dall’operazione 1,7 miliardi di euro. Ma l’Italia perde senza dubbio parte di una delle ultime bandiere di eccellenza e orgoglio nazionale, che a qualcuno ricorda, purtroppo, la cessione di “altre portabandiera italiane”, alludendo allo smantellamento progressivo del sistema industriale italiano.

E i lavoratori?
Ad oggi, il complesso di Iveco Group impiega 14 mila dipendenti in Italia, 36.000 in tutto il mondo, con 19 siti industriali e 30 centri di ricerca e sviluppo. “Tata non chiuderà alcun impianto o sito produttivo di proprietà o utilizzato da Iveco Group e non ridurrà la forza lavoro, e manterrà la sede principale a Torino”. Questo il contenuto di una nota congiunta Tata-Iveco, che incontra anche il giudizio del governo, che parla di “un’importante operazione industriale che apre nuove prospettive di crescita per il gruppo Iveco, storica realtà italiana, e per i suoi lavoratori”.
Inevitabilmente più cauta la posizione dei sindacati, che sottolineano genericamente come la vendita rappresenti una scelta che allontana un’importante realtà industriale italiana dal suo storico radicamento nazionale. Espone i dipendenti al rischio, retorico ma già verificatosi in passato in operazioni analoghe: acquisire conoscenze, marchi e mercati, e poi lasciar morire produzioni concorrenti alle proprie. Questo è il timore.
In un’intervista del Corriere della Sera all’ex top manager FIAT per 20 anni, Giorgio Caruzzo, CEO di Iveco dal 1984 fino al 1991, uscito dal gruppo nel 1996, ha dichiarato:
«Ci abbiamo messo sette anni per creare il leader europeo di TIR e furgoni, acquisendo tutti i concorrenti in UK, in Spagna e in Italia, inclusa la Ford New Holland. Adesso, in una notte, Iveco è diventata indiana, Torino perde l’ultimo pezzo di grande industria e io mi sento davvero molto triste. La cessione di Iveco a Tata Motors è la dismissione industriale più “grave” e “drammatica” della galassia Exor, perché costituisce una via di non ritorno per il futuro del Paese nei giorni in cui la cassa integrazione corre in tutto l’indotto piemontese della metalmeccanica (+68% nei primi sei mesi dell’anno). Dopo le cessioni di Comau, Marelli, Fiat, e ora Iveco, mi domando che cosa faranno i nostri giovani. Tutti impiegati nel turismo? Davvero crediamo ancora a questa favola?».
E continua: «Non dimentichiamo che Iveco ha tanti fornitori italiani. Chissà se Tata continuerà a lavorare con loro, e soprattutto a quali condizioni. Stiamo perdendo l’industria in Italia, ci vuole un piano strategico».
Il know-how del Paese non si svende, mai e a nessun prezzo.
L’unico aspetto positivo di questa vicenda di smembramento industriale è la vendita della parte militare di Iveco a Leonardo. L’ex Finmeccanica è ormai una multinazionale di grandissimo peso e capacità, sia nella Difesa che nell’Aerospazio. In questi settori, Torino potrà dire ancora la sua. Sull’auto temo che siamo al tramonto di una stagione che è stata formidabile ma che ora non c’è più.

Nota
Ci sono operazioni non degne di nota, ma di vigilanza e tutela. Nel caso specifico, di tutela del sistema industriale di un Paese, della sua storia e delle sue eccellenze.
Dovrebbe essere anche questa una questione d’interesse nazionale, non credete?

Eradis Josende Oberto