News | 11 dicembre 2025, 12:00

Debiti fiscali - Pignoramento ed esecuzione di crediti presso terzi

Riscossione forzosa delle somme giacenti sul conto corrente

Debiti fiscali - Pignoramento ed esecuzione di crediti presso terzi

Con la recentissima sentenza n. 28520/2025 la C. di Cassazione ha ribaltato una prassi consolidata degli Istituti bancari, che prevedevano una maggiore tutela per il correntista.

Infatti, gli Istituti bancari, a fronte del pignoramento speciale esattoriale dei crediti effettuato dall’Agenzia delle Entrate ex art. 72 bis e ss. del D.P.R. 29/09/1973 n. 602, si limitavano a trasferire all’Ente di riscossione la somma giacente sul conto corrente all’atto della notifica. Eventuali accrediti successivi non venivano aggrediti se non all’atto di una nuova procedura esecutiva.

Con la sentenza citata, invece, la Cassazione ha stabilito che anche le somme accreditate successivamente alla notifica alla banca, purché nel termine dei 60 giorni previsto dall’atto di pignoramento, e fatti salvi gli accrediti di pensione e quelli non pignorabili, rientrano tra quelle che la Banca deve corrispondere all’Agenzia delle Entrate sino al limite della somma dovuta.

La procedura speciale di esecuzione del pignoramento richiede esclusivamente l’esistenza di un credito esigibile da parte dell’Agenzia di riscossione, maturato all’esito dell’iter dell’accertamento da parte dell’Ente e delle notifiche al debitore andate a buon fine.

Il potere concesso alle Agenzie di riscossione di procedere ad un pignoramento ed al prelievo forzoso senza l’intervento di un giudice, nella logica di una PA collaborativa ed improntata a criteri di trasparenza e rispetto verso il cittadino, non può che essere connesso ad una procedura limpida, certa in ogni passaggio e nel rigoroso rispetto delle norme che hanno concesso il grande potere di “mettere le mani nelle tasche dei cittadini”.

Ed è proprio qui il limite di questa procedura, che sempre più spesso vede l’escusso dover rincorrere l’Agenzia di riscossione per comprendere quale sia il titolo esecutivo originario, i successivi atti di riscossione e le loro eventuali notifiche.

Proprio sulla correttezza e regolarità delle notifiche si gioca una parte importante delle controversie, soprattutto a seguito della prassi invalsa che dà per notificato un atto con l’avviso di giacenza, senza una rigorosa verifica della residenza in loco del debitore.

In un caso simile, più volte verificatosi, il debitore non avrà nessuna contezza del debito maturato, ad es. a causa di una contravvenzione stradale, se non al momento del prelievo delle somme dal conto corrente. Il cittadino non sarà messo in grado di contestare tempestivamente la contravvenzione né, tantomeno, di pagare la multa senza vedersi contestare anche le ingenti spese accessorie.

Una volta subìto l’esproprio delle somme dal conto, al cittadino non resta che impugnare un atto che mai ha conosciuto, dovendolo prima acquisire presso la banca o l’ente di riscossione; solo alla fine dell’iter giudiziario egli potrà chiedere la ripetizione di quanto forzosamente prelevato.

E’ fondamentale una disciplina più rigida della verifica dell’avvenuta notifica, anche alla luce delle innovazioni tecnologiche, quali l’APP IO e le PEC ormai largamente diffuse, che dia certezza sulla conoscibilità del debito ed una maggiore responsabilizzazione, sino alla previsione di sanzioni amministrative e civili, nel caso in cui il Funzionario dell’Agenzia di riscossione abbia proseguito la procedura senza le necessarie verifiche della sua regolarità, per assicurare al cittadino un effettivo diritto di difesa.

Maurizio Vallone