News | 27 giugno 2025, 09:00

Il potere delle terre rare: 375 miliardi di euro il valore del mercato dei minerali per la transizione energetica digitale

Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), entro il 2030 la domanda di queste minerali potrebbe raddoppiare e triplicare entro il 2040

Il potere delle terre rare: 375 miliardi di euro il valore del mercato dei minerali per la transizione energetica digitale

In mezzo alla transizione energetica e digitale a livello globale, è partita la corsa sfrenata alla ricerca e all’estrazione dei 17 elementi che compongono le terre rare, il cui potere si estende alla lotta per la supremazia nel mercato mondiale e determina non solo un cospicuo valore economico, ma soprattutto il dominio geopolitico strategico nel mondo.
Lo scandio, il cerio, l’ittrio e la serie dei lantanoidi sono solo una parte dei 17 elementi della tavola periodica che compongono le terre rare (spesso abbreviati in REE, Rare Earth Elements), secondo la definizione IUPAC. Difficili da isolare in natura, si trovano mescolati, e separarli richiede processi chimici lunghi, costosi e inquinanti. Ma la loro importante funzione si cela come un motore silenzioso dietro dispositivi elettronici, auto elettriche, sistemi di difesa avanzati. Le loro caratteristiche chimico-fisiche — proprietà magnetiche, ottiche, elettrochimiche e catalitiche — applicabili alle nuove tecnologie, li rendono imprescindibili per le fibre ottiche e le batterie ricaricabili, nell’industria delle auto elettriche e ibride, nella costruzione di turbine eoliche e pannelli solari. Fondamentali negli schermi di desktop e smartphone, insostituibili nella realizzazione di apparecchiature di medicina avanzata (tra le altre, per le macchine chirurgiche e la risonanza magnetica). Inoltre, sono largamente utilizzati anche nell’industria della difesa, ad esempio per la realizzazione di radar. Perciò, il controllo di questi elementi determina una leva strategica nelle relazioni internazionali e nell’equilibrio geopolitico, poiché le nazioni che ne dominano l’estrazione, la raffinazione e la produzione hanno l’egemonia nella negoziazione di interi settori economici e tecnologici.

Ma quali sono le Nazioni che si contendono questo potere fino ad oggi? 
Nella cosiddetta corsa alla transizione energetica, la Cina è il leader assoluto, con il 70% delle capacità estrattive mondiali e oltre il 90% dei prodotti raffinati. Non solo possiede i giacimenti più grandi del pianeta, ma detiene il monopolio sulla raffinazione e sulla produzione di componenti essenziali derivati dalle terre rare, avendo soprattutto in mano l’85% del know-how e della filiera produttiva.
Per quanto riguarda la produzione, gli Stati Uniti (16%) si piazzano al secondo posto, ma il divario con la Cina è notevole per tutto l’Occidente, che sta cercando di creare una filiera alternativa. In ogni caso, il mercato specifico globale delle terre rare vale oggi quasi 11 miliardi di dollari, ma si stima che entro il 2031 arriverà a 21,7 miliardi, con una crescita del 7,4% all’anno.
Una partita indispensabile per l’industria tecnologica e per quella della difesa, sempre più strategica. Infatti, la trattativa da 500 miliardi di dollari per lo sfruttamento delle terre rare in Ucraina da parte degli USA ne è l’esemplificazione più chiara.
Gli ultimi dati dello United States Geological Survey indicano che le riserve mondiali di terre rare sono stimate attorno ai 90 milioni di tonnellate, di cui 44 solo in Cina; seguono il Brasile con 21 milioni di tonnellate e l’India, che ne possiede circa 7. Non è chiaro, invece, quali siano le disponibilità reali di terre rare in Ucraina.

Ma quale è situazione al riguardo in Italia? 
L’Unione Europea, e quindi anche l’Italia, dipende quasi totalmente dalle importazioni, e ciò la rende vulnerabile a rischi di approvvigionamento. Perciò la Comunità Europea, tramite il Regolamento UE 2024/1252, parte del CRM Act, ha definito la strategia dell’UE per l’approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime indispensabili per la transizione ecologica e digitale, anche attraverso il ricorso ad attività estrattive condotte nel pieno rispetto delle tutele ambientali e sociali.
Dal punto di vista economico, lo sviluppo di una filiera delle terre rare in Italia potrebbe contribuire a ridurre la dipendenza dalle importazioni, soprattutto in settori ad alta tecnologia come l’elettronica, l’automotive e le energie rinnovabili, offrendo un vantaggio strategico per l’industria nazionale.
I depositi individuati finora si trovano principalmente in Sardegna, nelle Alpi occidentali e nell’Appennino centrale, aree caratterizzate dalla presenza di minerali contenenti elementi delle terre rare, tra cui monazite, bastnäsite e xenotime. Tuttavia, l’estrazione su larga scala non è ancora stata avviata a causa di vincoli economici, ambientali e normativi.

Il punto 
Le terre rare sono imprescindibili, nel medio termine, per raggiungere gli obiettivi della transizione ecologica. Ciononostante, presentano numerose problematiche. La loro estrazione è onerosa e inquinante. Risulta particolarmente dannosa anche per la qualità della vita e la salute delle persone che vivono in prossimità delle miniere, costituendo quindi un rischio anche a livello sociale.

Nota 
Fin dagli anni ’80, la Cina ha consolidato la sua leadership globale grazie al basso costo della manodopera, agli investimenti statali e alle fabbriche di raffinazione costruite vicino alle miniere. Si colmerà mai questo strapotere?

Eradis Josende Oberto