A maggio 2025 è stato presentato il nuovo rapporto Cida-Censis, dal titolo "Rilanciare l’Italia dal ceto medio. Riconoscere competenze e merito, ripensare fisco e welfare". Lo studio analizza lo stato di salute di quella parte della popolazione considerata tradizionalmente il motore della società. Il 66% degli italiani si riconosce nel ceto medio, un’identità che viene definita soprattutto da criteri culturali, come l’istruzione, la professionalità e l’etica del lavoro, più che da parametri puramente economici. Tuttavia, l’82% di chi appartiene a questa fascia ritiene che merito e competenze non siano adeguatamente valorizzati, segnalando una crescente frustrazione verso il contesto sociale e istituzionale.
Redditi stagnanti e consumi in calo
Secondo il rapporto, la situazione economica del ceto medio appare compromessa da anni di mancata crescita. Oltre la metà degli intervistati dichiara che il proprio reddito è rimasto invariato negli ultimi anni, mentre più di un quarto ha visto peggiorare la propria condizione. Solo il 20% ha registrato miglioramenti. Queste difficoltà si riflettono anche nei comportamenti quotidiani: il 45% degli italiani ha già ridotto i consumi e molti prevedono ulteriori tagli. La pressione fiscale è considerata insostenibile dal 70% della popolazione, che chiede un alleggerimento delle imposte sui redditi lordi. Il timore diffuso è che l’attuale situazione possa diventare strutturale, con un impatto negativo sulle prospettive di crescita individuale e collettiva.
Squilibrio fiscale e incertezza generazionale
L’indagine fa emergere che l’80% degli italiani ritiene di versare più di quanto riceva in servizi pubblici. Percezione di squilibrio che contribuisce ad alimentare la montante sfiducia verso le istituzioni. Molti considerano inadeguato il modo in cui il sistema redistribuisce le risorse e premia l’impegno. A questo scenario si aggiunge l’incertezza per il futuro: il 52% teme che i propri figli vivranno in condizioni peggiori. È un sentimento trasversale, che coinvolge famiglie, professionisti e lavoratori. Secondo il presidente di CIDA, Stefano Cuzzilla, i dati raccolti segnalano un campanello d’allarme per la tenuta del ceto medio, che oggi appare più esposto a rischi economici e sociali rispetto al passato.