News | 13 maggio 2025, 09:00

Avvocati digitali: tra innovazione e tutele processuali dopo il caso Dewald

Un recente caso giudiziario presso la Corte Suprema dello Stato di New York ha riacceso il dibattito sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale nel settore legale

Avvocati digitali: tra innovazione e tutele processuali dopo il caso Dewald

Jerome Dewald, imprenditore attivo nell'industria dell'AI con la società Pro Se Pro, ha tentato di farsi rappresentare in una controversia giuslavoristica da un avatar digitale, utilizzando un video pre-registrato in cui l'alter ego virtuale si rivolgeva direttamente ai giudici.
La reazione della Corte è stata netta: la giudice Sallie Manzanet-Daniels, dopo aver verificato che si trattasse effettivamente di un contenuto generato dall'intelligenza artificiale, ha espresso il proprio disappunto e ha respinto l'utilizzo dell'avatar. Dewald si è limitato a mormorare delle scuse, sostenendo che riteneva che l'avatar potesse rappresentarlo "in maniera più chiara ed effettiva".
Questo episodio, diventato rapidamente virale, solleva interrogativi fondamentali sull'equilibrio tra innovazione tecnologica e garanzie processuali. Da un lato, l'utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale potrebbe teoricamente ampliare l'accesso alla giustizia, specialmente per chi non può permettersi un rappresentante legale; dall'altro, persistono seri dubbi sull'affidabilità di questi strumenti e sui rischi di violazioni procedurali ed errori giudiziari.
Ma quale sarebbe la situazione in Italia? Il nostro ordinamento prevede regole precise sulla rappresentanza in giudizio. L'articolo 82 del Codice di Procedura Civile stabilisce il principio della necessaria rappresentanza tecnica da parte di un avvocato iscritto all'albo professionale, salvo rare eccezioni. La normativa attuale non contempla l'ipotesi di un "avvocato digitale" e difficilmente potrebbe essere interpretata in senso estensivo.
Un significativo passo avanti nella regolamentazione dell'intelligenza artificiale in ambito giuridico è rappresentato dal disegno di legge approvato dal Senato italiano il 20 marzo 2025. Questo testo normativo introduce principi fondamentali per governare l'utilizzo dell'AI, cercando di bilanciare innovazione e tutele.
Particolarmente rilevante è l'articolo 3, che sottolinea la necessità di sviluppare l'intelligenza artificiale "tramite processi di cui deve essere garantita e vigilata la correttezza", principio cardine per assicurare risultati equi ed affidabili. L'articolo 15, invece, si concentra specificamente sull'uso dell'AI nell'ambito delle attività giudiziarie, stabilendo che, anche in caso di utilizzo di strumenti tecnologici avanzati, l'interpretazione dei fatti e del diritto resta prerogativa esclusiva dei giudici.
Il disegno di legge prevede inoltre misure di aggiornamento e formazione per i magistrati sui rischi e i benefici dell'intelligenza artificiale, a dimostrazione della consapevolezza del legislatore italiano sull'importanza di affrontare questa trasformazione con competenza e cautela.
Alla luce di queste disposizioni, appare improbabile che un caso simile a quello di Dewald possa avere esito diverso nel nostro Paese. Il sistema giuridico italiano, pur aprendosi all'innovazione tecnologica, mantiene ferme le garanzie processuali tradizionali, tra cui il rapporto fiduciario tra avvocato e cliente e la responsabilità professionale del legale.
L'episodio americano rappresenta comunque un campanello d'allarme sulle sfide che i sistemi giudiziari di tutto il mondo dovranno affrontare nel prossimo futuro. La crescente sofisticazione dell'intelligenza artificiale imporrà ai legislatori e agli operatori del diritto di tracciare confini chiari tra innovazione tecnologica e tutela dei diritti fondamentali nel processo.
Il caso Dewald, con il suo tentativo pionieristico (e fallito) di introdurre un avvocato avatar in un'aula di tribunale, potrebbe essere ricordato come uno dei primi capitoli di una trasformazione epocale del mondo giuridico, destinata a svilupparsi nei prossimi decenni con modalità ancora difficili da prevedere.

Andrea Nano