Il 18 dicembre, davanti alla gip di Milano Anna Calabi, si discuterà il futuro giudiziario di Daniele Migani, il cosiddetto “broker dei vip”. La procura chiede il rinvio a giudizio per truffa, abusivismo finanziario e violazioni fiscali legate alla sua attività di consulenza e gestione patrimoniale.
Chi è Migani? Ex fisico, passato anche da Boston Consulting, si è trasferito in Svizzera e ha costruito nel tempo un gruppo di società attive nell’asset management, con sigle come XY SA, XY Eos Ticino SA e veicoli collegati a un fondo lussemburghese, Skew Base. Secondo gli inquirenti, proprio attraverso questa struttura sarebbe stata messa in piedi una complessa operatività di raccolta di capitali in Italia, senza le autorizzazioni previste.
Nel fascicolo milanese risultano 39 persone ascoltate come parti offese: non solo imprenditori del Nord Italia con patrimoni importanti, ma anche volti noti come la produttrice musicale Caterina Caselli, il figlio Filippo Sugar, il designer Giorgetto Giugiaro, Luca Marzotto e Matteo Cordero di Montezemolo. A queste si aggiungono, come parti civili istituzionali, anche Banca d’Italia, Consob e il Ministero dell’Economia.
Cosa contestano gli inquirenti? In sintesi, due piani: come venivano presentati i prodotti e dove venivano svolte di fatto le attività. Le società collegate a Migani, pur essendo basate in Svizzera o in altri Paesi, avrebbero collocato in Italia polizze, derivati e quote del fondo lussemburghese Skew Base, tramite una rete di agenti non iscritti agli albi italiani.
Per la procura, i clienti venivano profilati come “investitori professionali” attraverso moduli di reverse enquiry predisposti ad hoc: sulla carta sarebbero stati loro a “chiedere” il servizio estero, nella pratica questo schema avrebbe mascherato un’attività di offerta fuori sede in Italia, priva di autorizzazioni. Il risultato? Investimenti molto complessi, con uso di leva fino al 400–900% in alcuni comparti del fondo, che durante la pandemia Covid hanno bruciato, secondo gli atti, oltre 50 milioni di euro di capitali affidati.
Il sequestro preventivo di circa 18 milioni di euro, disposto nel 2024 come presunto profitto illecito del gruppo XY, è stato in parte ridiscusso dal Tribunale del Riesame. Ma il cuore del contenzioso resta: fino a che punto un “consulente estero” può operare in Italia senza licenza locale? E quanto è davvero consapevole il cliente, anche se ricco e famoso, della struttura e dei conflitti d’interesse dietro un prodotto “sofisticato”?
La vicenda Migani è un promemoria scomodo per chi investe: la notorietà del consulente, la sede in una piazza finanziaria “prestigiosa” o la promessa di rendimenti moderati ma costanti non sono garanzie di solidità. Quanti risparmiatori chiedono davvero chi è il proprietario ultimo del fondo in cui investono? Chi incassa le commissioni? C’è un potenziale conflitto di interessi se chi ti consiglia è anche, direttamente o indirettamente, il gestore del veicolo che ti propone?
In attesa dell’udienza del 18 dicembre, il caso del “broker dei vip” resta un laboratorio reale di educazione finanziaria: leggere i prospetti non basta, serve capire la catena societaria, le autorizzazioni, il regime di vigilanza. E, soprattutto, ricordare una regola semplice: se non capisci esattamente dove finiscono i tuoi soldi, il problema c’è già, anche prima di eventuali sentenze.


Paolo D'Ascenzi



