Il 30 ottobre 2025 la OECD ha pubblicato un comunicato nel quale si segnala che i governi adottano con crescente frequenza misure di politica commerciale «green».
OECD
Il rapporto – relativo al “Agricultural Policy Monitoring and Evaluation 2025” – rileva che nei 54 paesi monitorati sono state approvate 130 nuove misure commerciali dal 1997 al 2024, per oltre il 60% negli ultimi sette anni, molte delle quali includono clausole ambientali nei contratti di scambio. Per le imprese italiane, e in particolare per quelle della filiera agroalimentare o che dipendono dall’agricoltura come fornitrici, questo implica una crescente esigenza di adeguamento: sia nei processi produttivi (riduzione fertilizzanti, input fossili, emissioni) sia nei contratti che oggi possono includere clausole di «sostenibilità». Il rapporto segnala che, pur essendo calata la quota di sussidi potenzialmente distorsivi (dal 15% al 9% della produzione nel periodo 2000-02 vs 2022-24), questi rappresentano ancora circa la metà del totale del sostegno pubblico. In concreto, per una piccola impresa agricola o un’azienda agricola di dimensione media che fornisce pmi o produce prodotti italiani “Made in Italy”, è importante considerare:
l’adozione di pratiche agricole sostenibili può diventare un requisito contrattuale nelle filiere export;
l’accesso a mercati esteri o a reti di fornitura globali potrebbe essere vincolato a certificazioni ambientali o clausole «green» nei contratti locali o internazionali;
il costo di adeguamento (tecnologie, formazione, infrastrutture) potrebbe diventare un elemento competitivo.
Da un lato vi è un’opportunità: chi si adegua per tempo può posizionarsi come fornitore preferenziale nell’export e nei canali della sostenibilità. Dall’altro lato, il rischio è di subire penalizzazioni (o esclusioni) se rimane al margine delle nuove regole.
Per le PMI e i professionisti della consulenza agronomica, ambientale e agro-industriale, il momento è dunque strategico. Occorre:
Monitorare i contratti esistenti e i bandi internazionali per verificare la presenza di clausole ambientali.
Valutare la sostenibilità dei processi produttivi e, se necessario, progettare interventi di miglioramento tecnologico o organizzativo.
Cogliere possibili incentivi nazionali o europei (anche nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) legati al tema della sostenibilità.
In sintesi, la transizione verde non è solo tema ambientale, ma sempre più elemento che entra nei contratti, nella competitività internazionale e nell’accesso alle reti globali. Per le PMI italiane, dunque, è tempo di agire.


Redazione



