L’attenzione dei recruiter, da un decennio a questa parte, si sta pian piano spostando dalle competenze più hard e tecniche verso quelle più soft, silenziose, legate al modo di essere e di agire del professionista.
La ragione è semplice. Un tempo la struttura delle organizzazioni era più rigida e strutturata, la suddivisione del lavoro al suo interno seguiva schemi ben precisi e anche i mercati erano relativamente più prevedibili. I cambiamenti e le innovazioni seguivano processi di implementazione più lenti e, di conseguenza, servivano principalmente bravi tecnici, dai ruoli di base fino alle figure manageriali.
I mutamenti che hanno caratterizzato gli ultimi 20 anni, dall’avvento del digitale fino alla più recente intelligenza artificiale, senza contare il fermento geopolitico ed economico internazionale, hanno cambiato le regole del gioco. Ciò che era necessario saper fare ieri, per svolgere bene una mansione, non è detto che lo sia domani.
Per questo motivo, le imprese guardano, più che al percorso formativo e professionale, all’approccio al lavoro dei professionisti, al modo in cui risolvono problemi, sanno gestire situazioni complesse, relazioni, portare a casa risultati senza che nessuno gli spieghi sempre cosa e come fare.
Comunicazione, adattabilità, intelligenza emotiva, pensiero critico, ormai, sono i veri asset strategici del futuro professionale.
I lavoratori, oggi, devono prima di tutto essere capaci di gestire ambiguità, lavorare in team ibridi, prendere decisioni rapide in contesti mutevoli.
Ecco perché la richiesta di skill trasversali è in crescita costante e la loro assenza rappresenta uno dei principali ostacoli all’efficacia organizzativa.
La trasformazione digitale ha ulteriormente accelerato questo processo, poiché l’automazione libera tempo operativo, ma sposta il valore aggiunto sulla capacità umana di interpretare, relazionarsi, creare soluzioni.
A conferma di questa nuova tendenza si assiste a un parallelo cambio di paradigma nella formazione, che punta sempre di più proprio sull’allenamento delle competenze trasversali sul campo. Le soft skills, d’altra parte, non si possono trasmettere solo per via teorica, ma attraverso esperienze immersive, simulazioni, feedback e role play.
La leadership empatica, la comunicazione efficace, la collaborazione interfunzionale diventano i nuovi KPI da osservare e migliorare.
Un altro aspetto rilevante riguarda poi i diversi ruoli dei professionisti, nelle varie organizzazioni, che si ridefiniscono di anno in anno, facendo emergere come caratteristiche di successo, da parte dei dipendenti, la curiosità, l’attitudine all’apprendimento e la capacità di adattarsi, per rimanere occupabili.
Non è un caso, allora, che sempre più organizzazioni stanno investendo in programmi di reskilling e upskilling focalizzati sulle competenze trasversali, come leva di competitività a lungo termine.
Alle scuole di formazione professionale non resta che rispondere in modo rapido ed efficace a queste nuove richieste.
Alcune di queste, le più lungimiranti, hanno già lanciato da tempo corsi predisposti ad hoc per rafforzare le soft skill sei professionisti.
Si pensi ai corsi online di 24ORE Business School come un esempio concreto di formazione evolutiva e mirata.
L’offerta, consultabile nella sezione dedicata del sito, è ampia e strutturata per rispondere proprio alla richiesta crescente di reskilling e sviluppo personale, con percorsi flessibili che uniscono contenuti tecnici e competenze comportamentali.
Dai corsi di Leadership e Team Management a quelli dedicati alla Comunicazione Strategica, fino ai programmi sul Public Speaking, sulla Gestione del Tempo e sulla Negoziazione, la piattaforma offre un ventaglio di opportunità pensate per affinare le soft skills in modo misurabile.
Ogni corso è progettato per trasferire abilità realmente spendibili, attraverso casi pratici, simulazioni e attività interattive che permettono di applicare subito quanto appreso.
Un aspetto distintivo riguarda poi l’integrazione tra formazione online e mentoring personalizzato, come sistema che accompagna i partecipanti nella traduzione delle competenze in comportamenti concreti e osservabili, attraverso feedback e strumenti di autovalutazione.
In questo modo, la formazione non resta confinata alla teoria, ma diventa un percorso di crescita individuale, utile tanto per chi vuole riposizionarsi nel mercato del lavoro, quanto per chi ambisce a rafforzare il proprio ruolo in azienda.
Investire su sé stessi, in questa prospettiva, vuol dire, in buona sintesi, costruire la propria capacità di evolvere e di restare rilevanti, in un mondo del lavoro che cambia ogni giorno.
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