News | 22 settembre 2025, 09:00

H-1B, la tassa da 100.000$ fa tremare la tech

Dopo l’annuncio di Trump, la Casa Bianca chiarisce: contributo una tantum, solo per nuovi richiedenti. Intanto piovono memo urgenti e stop ai viaggi dei dipendenti con visto.

H-1B, la tassa da 100.000$ fa tremare la tech

L’ordine presidenziale firmato il 19 settembre introduce un contributo di 100.000 dollari per ogni nuova petizione H-1B, il visto su cui la tecnologia statunitense fa enorme affidamento. È una stretta senza precedenti: mira a scoraggiare l’uso improprio del programma e a “proteggere” l’occupazione domestica, con eccezioni limitate per interesse nazionale. Entra in vigore dal prossimo ciclo di lotteria, con coordinamento tra DHS e Dipartimento di Stato. 

Il caos è esploso per un dettaglio non banale: il contributo è annuale o una tantum? Dopo dichiarazioni discordanti del segretario al Commercio, la Casa Bianca ha precisato che il fee è one-off, non ricorrente, e non tocca i titolari attuali né i rinnovi. In altre parole: colpisce solo i nuovi richiedenti. Perché non chiarirlo subito nell’atto? Domanda legittima. 

Nel frattempo, le aziende non hanno aspettato: memo d’emergenza ai team HR e ai legali, travel freeze per chi è all’estero con H-1B e rientri accelerati “prima che scatti la regola”. Big come Microsoft, Amazon, JPMorgan e Google hanno diffuso indicazioni operative e, in alcuni casi, suggerito di rimandare trasferte non indispensabili. Prudenza o panico? Un po’ di entrambi. 

Domande pratiche (quelle che contano in busta paga): chi paga i 100.000$, l’azienda sponsor, ovviamente, ma con quali centri di costo? Quando va versato—prima della petizione, e con quali evidenze da fornire a USCIS? I titolari H-1B già validi possono rientrare dagli aeroporti esteri senza pagare? Sì, secondo la precisazione ufficiale: re-entry e rinnovi non sono soggetti al nuovo balzello. Ma le aziende preferiscono evitare rischi nei primi giorni: chi viaggia oggi lo fa a proprio pericolo operativo. 

L’impatto geografico? Attenzione all’India: oltre due terzi dei beneficiari H-1B sono originari del subcontinente; i colossi IT che ruotano su staff in trasferta vedranno contratti e pricing rinegoziati. È solo un colpo di teatro politico o cambia la struttura dei costi del lavoro qualificato negli USA? Se il fee resterà, molte aziende riconsidereranno mix tra onshore hiring, nearshoring e automazione. 

Che fare adesso (zero retorica). Uno: bloccare trasferte non critiche e censire tutti i casi “borderline”. Due: predisporre budget e governance per eventuali nuove petizioni 2026, con scenari con e senza fee. Tre: valutare eccezioni per national interest dove difendibili (cyber, sanità, AI safety). Quattro: comunicare interno chiaro, FAQ di tre pagine, non 30, per evitare fughe disordinate e rumor di corridoio. Sembra duro? Lo è. Ma il costo dell’inerzia, dopo oggi, può essere molto più alto di 100.000 dollari. 

Paolo D'Ascenzi