News | 09 settembre 2025, 09:00

Mercato dell’arte, leva fiscale e trasparenza: un nuovo scenario per i collezionisti

Il dibattito sull’IVA e l’obbligo di trasparenza apre scenari inediti per collezionisti e gallerie, tra nuove opportunità e sfide di competitività internazionale.

Mercato dell’arte, leva fiscale e trasparenza: un nuovo scenario per i collezionisti

In un contesto globale in cui l’arte viene sempre più percepita come asset class alternativa, anche in ottica di diversificazione patrimoniale, il mercato italiano fatica ancora a sviluppare appieno le proprie potenzialità. Alla base di questo rallentamento vi è un fattore chiave: l’opacità che caratterizza le transazioni, tanto sul mercato primario quanto su quello secondario. Per i collezionisti, ciò si traduce in un aumento del rischio informativo e in una limitata capacità di valutazione comparativa.
A questa criticità si affianca, oggi, un’opportunità concreta: l’eventuale introduzione di una riduzione dell’IVA sulle opere d’arte, attualmente oggetto di dibattito parlamentare e professionale. Non si tratta solo di una misura fiscale, ma di una leva strutturale che potrebbe ridefinire il mercato nel suo complesso, a beneficio anche degli acquirenti finali. La proposta più innovativa prevede infatti che tale agevolazione venga subordinata a specifici obblighi di trasparenza da parte delle gallerie e dei dealer.
Per il collezionista, il beneficio sarebbe duplice: da un lato, un minor carico fiscale sull’acquisto, che incide direttamente sul prezzo finale pagato; dall’altro, una maggiore leggibilità delle offerte, grazie alla pubblicazione obbligatoria dei prezzi e della loro composizione (inclusione dell’IVA, commissioni di intermediazione, costi di trasporto e assicurazione). Secondo l’ultimo report “Art Market Trends 2025” pubblicato da Artsy, il 69% dei collezionisti ha rinunciato ad acquistare almeno un’opera a causa della mancanza di trasparenza; al contrario, le opere con prezzo esposto online hanno sei volte più probabilità di essere vendute.
Dal punto di vista fiscale, il differenziale di IVA rispetto ad altri Paesi europei ha reso l’Italia meno competitiva nel circuito internazionale, incentivando molti collezionisti ad acquistare all’estero. L’introduzione di un’aliquota agevolata, ad esempio al 5% o 10%, renderebbe il sistema italiano più attrattivo, contribuendo al reshoring delle transazioni e alla valorizzazione del patrimonio artistico nazionale. Ma, per funzionare, questa misura dovrebbe essere parte di un piano più ampio di “compliance culturale”, che imponga standard minimi di trasparenza nelle fiere, nei cataloghi e nelle piattaforme online.
L’infrastruttura informativa attuale, basata in larga parte su dati d’asta accessibili tramite piattaforme come Artnet o Artprice, offre solo una fotografia parziale del mercato. Le vendite private, che rappresentano la maggioranza dei volumi, restano ancora ampiamente fuori da ogni rilevazione. Legare i benefici fiscali alla pubblicazione dei dati di vendita rappresenterebbe un primo passo verso una democratizzazione dell’informazione, che agevolerebbe anche le valutazioni assicurative, le successioni ereditarie e le operazioni di art lending.
Per i collezionisti questa fase rappresenta una finestra strategica: l’introduzione di incentivi fiscali legati alla trasparenza potrebbe ridefinire il mercato italiano in termini di efficienza, equità e sicurezza. È auspicabile che anche i soggetti privati — gallerie, advisor, fondazioni — si facciano promotori di questo cambiamento, riconoscendo che un mercato più trasparente non riduce le opportunità, ma le moltiplica. Per chi investe in arte, oggi più che mai, informarsi sul quadro normativo e sostenere un’evoluzione virtuosa del sistema significa tutelare e accrescere il valore del proprio patrimonio.

Andrea Nano