News | 11 giugno 2025, 15:00

La rivoluzione nell’era dell’Intelligenza Artificiale. Il pronostico: in 10 anni il Pil italiano salirà di 38 miliardi con un aumento della produttività del 1,8%  

Il 92% delle aziende prevede di aumentare i propri investimenti in AI. Italia ancora lontana dalla media UE (13,5%), nelle Pmi, solo l’1,4% utilizza l’IA. 

La rivoluzione nell’era dell’Intelligenza Artificiale. Il pronostico: in 10 anni il Pil italiano salirà di 38 miliardi con un aumento della produttività del 1,8%  

C’è sempre una resistenza umana e una logica autodifesa dinanzi all’affronto di un cambiamento epocale. L’incertezza dell’ignoto, in contrapposizione al bisogno di innovazione, ci spinge a sopravvivere nello spazio storico-temporale di ogni trasformazione. Comprendere e fare un salto evolutivo ci pone dinanzi a quesiti etici, pratici, umanistici ed esistenziali, quando, come ora, una nuova rivoluzione industriale è in atto. L’era dell’Intelligenza Artificiale Generativa è arrivata prepotentemente nelle nostre vite, in ogni campo, senza eccezioni, come alleato o sostitutivo, con la capacità di trasformare la società odierna in ogni settore. L’impatto diretto sugli individui e su tutto ciò che ci circonda ha aperto nuovamente il famoso “vaso di Pandora”, che, solo ai suoi albori, mostra un cambio di paradigma senza precedenti.
Infatti, l’intelligenza artificiale rappresenta il più recente stadio evolutivo del processo di digitalizzazione e ha innescato approfondite riflessioni, coinvolgendo anche aspetti deontologici. Si è creata una legislazione in materia che valuta i rischi e classifica i diversi sistemi di IA, con l’obiettivo di bilanciarli e trarne beneficio per il mercato unico digitale. Tenuto conto che, a una maggiore gravità del rischio, corrispondono regole più rigorose, si garantisce lo sviluppo e l’utilizzo responsabile dell’IA, a tutela e nel rispetto della dignità umana, assicurando al contempo un elevato livello di protezione della salute, della sicurezza e dei diritti fondamentali, compresa la democrazia. Tutto ciò è disciplinato dall’AI Act, la normativa approvata il 21 aprile 2021 dalla Commissione Europea, che regola i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati nell’Unione.

Ma qual è il rapporto attuale tra intelligenza artificiale e impresa in Italia?
Automatizzare processi, migliorare l’efficienza e l’analisi dei dati, ottimizzare la gestione delle risorse sono solo alcune delle funzionalità dell’Intelligenza Artificiale. Secondo uno studio di Goldman Sachs, l’adozione dell’IA generativa potrebbe incrementare il PIL globale del 7% nei prossimi dieci anni e aumentare la produttività del lavoro dell’1,5% annuo, con previsioni di crescita del PIL anche per l’economia italiana, dove la produttività è stagnante da decenni.
Infatti, in Italia, l’adozione dell’intelligenza artificiale sta attraversando una fase di progressi apprezzabili ma ancora limitati e caratterizzati da una certa disomogeneità tra settori, territori e classi dimensionali. Secondo Istat, nel 2021 solo il 6,2% delle imprese italiane con almeno 10 addetti utilizzava l’IA. La quota è scesa al 5% nel 2023, ma è risalita all’8,2% nel 2024. C’è quindi un recupero. Tuttavia, siamo ancora lontani dalla media UE (13,5%) e il ritardo è più marcato nelle PMI, dove solo l’1,4% utilizza l’IA in almeno tre funzioni aziendali.
L’adozione è ancora frammentata: forte nei settori telecomunicazioni (27,6%) e apparecchiature elettroniche (15,7%), ma molto più debole nel tessile e nella moda (4,6%). Le barriere principali restano i costi elevati e la carenza di competenze digitali.

Ma per i lavoratori, cosa cambia?
Il rapporto McKinsey 2025 rileva che, nel 2030, circa il 27% delle ore lavorate attualmente in Europa e il 30% delle ore lavorate negli Stati Uniti potrebbero essere automatizzate. Nello specifico, l’Europa potrebbe richiedere fino a 12 milioni di transizioni occupazionali, con un impatto sul 6,5% dell’occupazione attuale. La domanda di competenze tecnologiche potrebbe registrare una crescita sostanziale del 25% delle ore lavorate entro il 2030 rispetto al 2022.
La domanda di competenze socio-emotive potrebbe aumentare dell’11%; alla base di questo aumento c’è una maggiore richiesta di ruoli che richiedono empatia interpersonale e capacità di leadership. Al contrario, si prevede che la domanda di lavori in cui predominano competenze cognitive di base diminuirà del 14%, poiché richieste principalmente in ruoli di supporto d’ufficio o di assistenza clienti, altamente suscettibili di essere automatizzati dall’intelligenza artificiale.
Mentre la creatività rimarrà molto ricercata, con un potenziale aumento del 12% entro il 2030, le attività lavorative caratterizzate da altre competenze cognitive avanzate, come l’alfabetizzazione e la scrittura avanzate, insieme a competenze quantitative e statistiche, potrebbero diminuire del 19%.
Il rapporto “Future of Jobs 2023” del World Economic Forum indica che, nei prossimi cinque anni, il 23% dei lavori esistenti subirà notevoli cambiamenti strutturali a causa dell’intelligenza artificiale.

Nota
“L’unica possibilità per un principio etico di essere verificato e convalidato è quando esso si manifesta sotto forma di esperienza.”
Hannah Arendt

Eradis Josende Oberto