Un quarto di punto in meno, per l’ottava volta dalla primavera scorsa. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha votato il 5 giugno per tagliare di 25 basis point tutti e tre i tassi: la «deposit facility» scende al 2,00 %, il rifinanziamento principale al 2,15 % e il tasso marginale al 2,40 %. L’allentamento scatta l’11 giugno, riportando il costo del denaro ai minimi da fine 2022.
La mossa era scontata nei future sull’€STR, ma in conferenza stampa Christine Lagarde ha sorpreso spostando il baricentro del discorso: «Gli investimenti pubblici in difesa e infrastrutture diventeranno un pilastro della domanda interna e sosterranno la crescita nel medio periodo». Stiamo entrando nell’era del “keynesismo militare” europeo?
Le nuove proiezioni fissano l’inflazione media al 2 % nel 2025, 1,6 % nel 2026 e di nuovo 2 % nel 2027, con l’indice di maggio già all’1,9 %. Il PIL, dopo un primo trimestre vivace, dovrebbe fermarsi allo 0,9 % quest’anno. Numeri che giustificano l’allentamento o segnalano un’economia ancora troppo fredda?
La BCE non promette un percorso: «Andremo riunione per riunione». Intanto due forze opposte tirano l’eurozona. Da un lato, prezzi energetici normalizzati e salari sotto controllo. Dall’altro, la guerra dei dazi riaperta da Washington: se le tariffe sui veicoli elettrici europei salissero davvero al 30 %, quanti decimi di PIL perderemmo?
Il mercato dei cambi resta calmo: l’euro oscilla intorno a 1,11 $. Anche la curva swap anticipa al massimo un altro quarto di punto entro dicembre. Fiducia o scetticismo?
Sui mutui variabili, la rata tipo da 200 mila euro a vent’anni cala di circa 22 euro al mese. Sollievo effimero? Se i governi, spinti dalla Nato e dalla crisi ucraina, dovranno alzare la spesa militare ben oltre il 2 % del PIL, i tassi sovrani potrebbero tornare a correre.
Qui sta il nodo politico: la BCE può comprare tempo, ma la spinta anticiclica dovrà venire dai bilanci nazionali. Italia e Francia riusciranno a finanziare difesa, transizione verde e contenimento del deficit senza perdere credibilità sui mercati?
Nel credito, gli spread corporate investment-grade sono scesi di 15 punti base dalla riunione di marzo: segno che la liquidità extra trova subito sbocchi nei portafogli obbligazionari. Ma quanto resisterà la fiducia se l’economia globale rallenta?
La risposta forse il 24 luglio, quando Francoforte aggiornerà le stime estive. Con l’inflazione sotto l’1,8 % e la campagna USA nel vivo, scopriremo se la politica monetaria europea è davvero entrata in una nuova fase o sta solo guadagnando fiato prima di nuove turbolenze.