La risposta all'interpello n. 59/25 dell'Agenzia delle Entrate ha fornito significativi chiarimenti sul trattamento fiscale della rinuncia ai dividendi deliberati, affrontando in particolare il delicato tema dell'incasso giuridico e le sue conseguenze fiscali. Questo intervento dell'Amministrazione finanziaria ha il merito di delineare con maggiore chiarezza il perimetro applicativo dell'art. 88, comma 4-bis del TUIR, introdotto a partire dal periodo d'imposta in corso al 7 ottobre 2015.
Il regime antecedente al 7 ottobre 2015
Prima dell'introduzione della specifica disciplina contenuta nell'art. 88, comma 4-bis del TUIR, il trattamento fiscale della rinuncia ai dividendi si caratterizzava per notevoli incertezze interpretative. La prassi prevalente considerava la rinuncia ai dividendi già deliberati come una sopravvenienza attiva non tassabile per la società beneficiaria, inquadrandola come apporto patrimoniale del socio.
Tuttavia, un elemento cruciale del previgente regime era rappresentato dalla teoria dell'incasso giuridico, secondo cui i dividendi, una volta deliberati, si consideravano fiscalmente percepiti dal socio indipendentemente dall'effettivo incasso. Questa interpretazione comportava l'obbligo per il socio di dichiarare e assoggettare a tassazione i dividendi deliberati, anche in caso di successiva rinuncia.
L'effetto combinato di questi principi determinava una situazione particolarmente gravosa: il socio doveva assolvere il prelievo fiscale sui dividendi (con tassazione ordinaria per imprese e professionisti, o con ritenuta a titolo d'imposta per le persone fisiche non imprenditori) pur rinunciando agli stessi in favore della società, che a sua volta registrava un beneficio patrimoniale non tassato.
La riforma del 2015 e l'art. 88, comma 4-bis del TUIR
La novella legislativa del 2015 ha introdotto una disciplina specifica per la rinuncia dei soci ai crediti, stabilendo che "la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale". Questa disposizione ha imposto un nuovo paradigma, basato sulla comunicazione formale del valore fiscale del credito rinunciato.
L'interpello 59/25 ha confermato che tale disciplina si applica anche alla rinuncia ai dividendi già deliberati, chiarendo che:
- Il credito per dividendi rientra nell'ambito applicativo dell'art. 88, comma 4-bis;
- La rinuncia non costituisce sopravvenienza attiva tassabile per la società, limitatamente alla parte corrispondente al valore fiscale comunicato dal socio;
- Il valore fiscale deve essere formalmente comunicato alla società, pena la tassazione integrale della sopravvenienza.
La problematica dell'incasso giuridico nel nuovo regime
L'aspetto più rilevante dell'interpello 59/25 riguarda il principio dell'incasso giuridico, che continua a trovare applicazione anche nel nuovo regime. L'Agenzia ha ribadito che la delibera di distribuzione dei dividendi determina la tassazione in capo al socio, indipendentemente dall'effettivo incasso e dalla successiva eventuale rinuncia.
Questo comporta che:
- Per le persone fisiche non imprenditori: si applica la ritenuta a titolo d'imposta al momento della delibera (26% o aliquote ridotte in presenza dei requisiti PEX);
- Per i soggetti IRES: i dividendi concorrono a formare il reddito imponibile nell'esercizio di delibera secondo le percentuali previste (generalmente 5% per dividendi PEX);
- Per gli imprenditori individuali e i professionisti: i dividendi sono soggetti a tassazione progressiva IRPEF nella misura del 58,14% dell'ammontare (per partecipazioni qualificate ante 2018).
La rinuncia successiva non elimina retroattivamente l'obbligo tributario già sorto, ma produce effetti esclusivamente sul piano patrimoniale, incrementando il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Implicazioni operative per il commercialista
Per il professionista, l'interpello 59/25 impone particolare attenzione nella gestione delle operazioni di rinuncia ai dividendi:
- Pianificare attentamente la tempistica delle delibere di distribuzione e delle eventuali rinunce;
- Valutare la convenienza fiscale complessiva dell'operazione, considerando che il socio subirà comunque la tassazione sui dividendi rinunciati;
- Predisporre accuratamente la comunicazione del valore fiscale del credito rinunciato, elemento imprescindibile per evitare la tassazione della sopravvenienza in capo alla società;
- Documentare adeguatamente l'incremento del costo fiscale della partecipazione derivante dalla rinuncia.
In conclusione, la rinuncia ai dividendi, pur rappresentando uno strumento utile di patrimonializzazione della società, comporta oneri fiscali non trascurabili per effetto del principio dell'incasso giuridico, confermato anche nel nuovo regime normativo. Il commercialista dovrà quindi valutare attentamente, caso per caso, l'effettiva convenienza di tale operazione rispetto ad altre forme di apporto patrimoniale fiscalmente più efficienti.




