La riforma del decreto legislativo 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle imprese è attualmente oggetto di un intenso lavoro di revisione da parte del Ministero della Giustizia guidato da Carlo Nordio. Il recente position paper presentato da Confindustria evidenzia diverse criticità dell'attuale sistema e propone soluzioni concrete per ripristinare l'equilibrio tra prevenzione e repressione.
Il documento di Confindustria sottolinea come una normativa inizialmente concepita per promuovere l'innovazione organizzativa nelle imprese si sia trasformata in uno strumento prevalentemente repressivo. Le interpretazioni non omogenee tra diverse magistrature e l'ampia discrezionalità nella valutazione dell'idoneità dei modelli organizzativi hanno generato un clima di incertezza che penalizza il sistema produttivo.
Un aspetto fondamentale della riforma in discussione riguarda il perimetro di applicazione della normativa. In particolare, emerge la proposta di escludere le microimprese dall'ambito del decreto 231. Secondo la definizione comunitaria richiamata, sarebbero esentate le realtà con meno di 10 addetti e un fatturato non superiore a 2 milioni di euro. Per queste strutture imprenditoriali, infatti, il concetto di "colpa d'organizzazione" appare difficilmente sostenibile data la dimensione ridotta e la struttura semplificata.
La revisione del catalogo dei reati presupposto rappresenta un altro punto cruciale. L'attuale elenco, cresciuto in modo disorganico negli anni, necessita di una razionalizzazione basata su criteri oggettivi: il collegamento effettivo con l'attività d'impresa e la riconducibilità a specifici obblighi di criminalizzazione previsti da fonti sovranazionali. Particolare attenzione viene posta ai reati associativi e di autoriciclaggio, che per loro natura presentano confini sfumati di responsabilità e rendono complessa la predisposizione di modelli organizzativi adeguati.
Sul fronte dei modelli organizzativi, la riforma punta a cristallizzare a livello normativo le prassi più virtuose emerse negli anni, definendo con maggiore chiarezza il processo metodologico che conduce all'elaborazione di un modello efficace. L'obiettivo è rafforzare il valore esimente del modello, trasformandolo in uno strumento di effettiva tutela per le imprese virtuose.
Significativi cambiamenti potrebbero interessare anche l'aspetto processuale, con l'eliminazione dell'inversione dell'onere della prova per i reati commessi dagli apicali, considerata in contrasto con il principio di presunzione d'innocenza. Parallelamente, si profila un maggiore spazio per le condotte riparatorie, accompagnate dalla confisca del profitto illecito e dalla correzione del modello organizzativo, come strumento di estinzione dell'illecito.
Il sistema sanzionatorio verrebbe rivisto introducendo parametri soggettivi nella valutazione delle sanzioni, quali la capacità patrimoniale, le dimensioni e la solidità economico-finanziaria dell'ente, oltre alle conseguenze reputazionali. Viene inoltre prospettata l'introduzione della causa di non punibilità per tenuità del fatto e per estinzione del debito tributario.
Per i professionisti come i commercialisti, questi cambiamenti rappresenterebbero un'importante evoluzione nella consulenza alle imprese, soprattutto in termini di compliance e gestione del rischio. La maggiore chiarezza sulle procedure e sui requisiti dei modelli organizzativi permetterebbe di offrire un supporto più efficace, specialmente alle PMI che costituiscono l'ossatura del tessuto economico italiano.
La riforma, se approvata secondo queste linee, potrebbe finalmente riequilibrare un sistema che negli anni ha mostrato criticità crescenti, restituendo alle imprese maggiori garanzie senza compromettere l'efficacia preventiva della normativa.




