Milano, novembre 2025.
Dopo il suo prestigioso intervento davanti alle telecamere di una trasmissione televisiva, dove la nuova generazione si confronta con l’esperienza infinita dei protagonisti del presente e del passato, abbiamo avuto il privilegio di incontrare nel backstage un uomo eccezionale, umile e saggio, che ha contribuito allo sviluppo di istituzioni chiave dell’economia italiana. I suoi numerosi incarichi e onorificenze fanno della sua carriera un esempio di vita professionale e personale straordinaria. Mario Boselli, classe 1941, si concede al nostro giornale.
Chi è Mario Boselli e come è diventato Cavaliere del Lavoro? Cos’è il lavoro per un Cavaliere come lei?
Ho cominciato a lavorare nel 1959 nell’azienda di famiglia, fortemente legata alla tradizione nel settore tessile e che affonda le sue radici nel 1586: io sono la dodicesima generazione. Avevo solo 18 anni, papà non stava bene di salute e, invece di andare all’università, ho fatto l’emancipazione perché allora si diventava maggiorenni a ventun anni. Così ho cominciato a lavorare come imprenditore fino al 2005, laureandomi anche in Economia Aziendale presso l’Università Bocconi di Milano. Mi sono dedicato per intero al lavoro sviluppando le aziende e creando vari stabilimenti in Italia e in Slovacchia. Poi ho svolto diverse attività sociali e istituzionali: la presidenza di Federtessile, dell’Ente Autonomo Fiera Milano, di Pitti Immagine, dell’Associazione Internazionale della Seta e tante altre. Così mi è stato concesso il Cavalierato del Lavoro. Il lavoro è la mia gioia più grande, non è mai stato un peso per me.
Attualmente è Presidente Onorario della Camera Nazionale della Moda, che ha presieduto anche in passato, ma è anche presidente della Camera di Commercio Italo Cinese e presidente di Prestitalia Spa, oltre ai numerosi incarichi che ha ricoperto. In quale di questi ruoli si è sentito più a suo agio e perché?
Dei tre in cui sono presidente oggi, forse mi sono sentito nella cosiddetta zona di comfort essendo presidente della Camera di Commercio Italo Cinese, perché ho potuto mettere a frutto quarant’anni di esperienza in Cina e aumentare l’esperienza nel mondo secessionista. Poi in Prestitalia Spa, perché mi sentivo più vicino alla gente, dato che si parla di prestito al consumo. Invece Isybank è quello più stimolante in assoluto, per essere tecnologicamente più avanzato.
Come ex presidente e oggi Presidente Onorario della Camera Nazionale della Moda Italiana, esiste ancora il concetto di Made in Italy nel mondo? Come è cambiato il mercato della moda rispetto al passato
Assolutamente sì. In un momento in cui c’è tanta confusione, ci sono offerte a tutti i prezzi, con un mercato instabile e altri scenari, il valore e la qualità del Made in Italy hanno più senso che mai. Il Made in Italy è l’ancoraggio di qualità richiesto dal mercato, è la nostra salvezza. Oggi stiamo vivendo un momento di crisi, dopo decenni positivi. È un momento negativo: adesso dobbiamo, come si dice a Napoli, “Adda passà ‘a nuttata”, lavorare con resilienza sperando che le difficoltà passino e le cose migliorino con il tempo.
Perché è un momento di crisi?
Attraversiamo un momento di crisi per varie cause: ad esempio, le nuove generazioni sono meno attente a certi prodotti di alto profilo, vogliono prodotti belli ma a prezzi più bassi. I prezzi sono stati aumentati troppo. Per quanto riguarda la moda c’è anche un cambiamento di stile, dove purtroppo alcune case hanno perso i legami con le loro origini: questo, a mio giudizio, è un fatto negativo.
Oggi il mondo della moda, soprattutto quello del fast fashion, non può fare a meno del cosiddetto “Made in China”. Perché c’è stata questa trasformazione del mercato?
Per una ragione di costi, solo di costi. Però bisogna stare molto attenti, perché una cosa è un certo tipo di fast fashion prodotto in modo corretto, ma l’ultra fast fashion è una vergogna: viene prodotto senza alcun rispetto delle regole, un vero disastro. Noi, come Camera Nazionale della Moda Italiana, siamo assolutamente contrari all’ultra fast fashion e speriamo che il governo metta delle barriere al più presto.
Qual è stato l’impatto economico a livello di fatturato per l’Italia rispetto a questa tendenza di occupazione cinese del mercato?
L’ultimo anno il mercato è sceso del -4%, ma fino a due anni fa, salvo la parentesi del Covid, è sempre stato in ascesa. Durante il Covid il mercato moda ha avuto un crollo, poi ha fatto un rimbalzo e alla fine si è abbastanza stabilizzato, ma non è mai tornato ai livelli pre-Covid. Certi mercati, come quello cinese, non sono tornati a crescere come nel periodo pre-pandemico.
Come vede il futuro della moda italiana, visto che un gran numero delle più importanti aziende della filiera hanno venduto a proprietà estere?
La vendita a proprietà estere di alcune aziende della filiera italiana non è un problema, purché queste proprietà estere mantengano le produzioni in Italia. Il 70% dell’alto di gamma prodotto in Italia è la prova che va bene così. Perciò, non è importante di chi sia la proprietà: l’importante è che le fabbriche si mantengano in territorio nazionale; infatti queste proprietà hanno comprato in Italia per far funzionare l’Italia.
Gli stipendi in Italia non aumentano dagli anni ’90, i detentori di partita IVA fanno fatica così come la piccola e media impresa. Come Cavaliere del Lavoro, se lei fosse al governo cosa farebbe o cosa proporrebbe per trovare una soluzione concreta a questa problematica?
Ci troviamo effettivamente davanti a un problema difficilissimo da risolvere. Una delle prime cose da fare è ridurre gli oneri sociali, perché all’azienda il lavoro costa caro e di conseguenza al dipendente ne arriva poco: bisogna ridurre quel gap.
Vede l’intelligenza artificiale come una minaccia al mondo del lavoro?
Non come una minaccia, ma sì come una grande complicazione. Alcuni usciranno dal mondo del lavoro e altri entreranno, quindi non so dire se il saldo di questa rivoluzione tecnologica sarà numericamente positivo o negativo. Certamente sarà un up and down, un grande cambiamento.
Cavaliere, non le rubo più tempo perché so che deve andare. Cosa consiglierebbe a un imprenditore, a un libero professionista o a un lavoratore italiano di oggi rispetto alla sua vasta esperienza lavorativa?
Se ha un momento di stasi, di tener duro. Io credo nel futuro dell’Italia e ne sono fiducioso. Guardiamo anche tutti i rating che migliorano: non posso che essere molto ottimista per l’Italia. Al di là di un settore o l’altro, mediamente ci credo con fermezza.
Grazie mille, Cavaliere. A rivederci.
Grazie a lei.




