Dallo scorso aprile chi usa l’IA può essere chiamato a rispondere davanti ad un giudice penale per aver usato quel programma informatico.
Con l’introduzione dell’art. 26 della legge 132 del 2025 il legislatore ha voluto punire con una aggravante specifica la commissione di un reato commesso utilizzando sistemi di IA ed ha previsto nuovi reati punendo comportamenti illeciti che utilizzano l’IA per la loro consumazione.
Quindi, qualsiasi condotta criminosa che utilizzi un sistema di IA vedrà l’entità della condanna aumentata “quando gli stessi, per la loro natura o per le modalità di utilizzo, abbiano costituito mezzo insidioso, ovvero quando il loro impiego abbia comunque ostacolato la pubblica o la privata difesa, ovvero aggravato le conseguenze del reato”. Il legislatore ha avvertito la necessità di tutelare l’interesse publico affinché le potenzialità dei sistemi di IA non agevoli condotte criminali o ne consenta di acquisire i profitti o di sottrarsi alle indagini.
Si pensi alle attività di truffatori che utilizzando sistemi di IA simulano al telefono le voci dei figli che chiedono aiuto economico ai genitori per evitare inesistenti sanzioni o situazione di presunto pericolo, oppure l’utilizzo dell’IA per riprodurre atti, sigilli o firme per simulare la proprietà di un immobile che si vuole vendere.
Ma, sull’onda di recenti episodi che hanno visto protagonisti personaggi famosi attraverso la ricostruzione informatica di immagini intime per estorcergli denaro in cambio della non diffusione di quelle immagini, o di siti che consentivano di “spogliare” quei personaggi, il legislatore ha voluto introdurre alcuni reati specifici che possono essere commessi con l’uso dell’IA. Tra questi di particolare interesse è l’Art. 612 quater del CP che recita; Chiunque cagiona un danno ingiusto ad una persona, cedendo, pubblicando o altrimenti diffondendo, senza il suo consenso, immagini, video o voci falsificati o alterati mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale e idonei a indurre in inganno sulla loro genuinità, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Questo reato è una vera rivoluzione del mondo digitale. Basta fare un “giro” sui principali social, da Tic Toc ad Instagram, per verificare come siano estremamente frequenti i post nei quali vengono riprodotte immagini di personaggi famosi, dello spettacolo, dello sport o esponenti politici, ai quali vengono fatti pronunciare discorsi che non sono mai avvenuti (ultimamente è girato sui social un discorso di Giovanni Falcone sulla separazione delle carriere dei magistrati che ha tratto in inganno anche un importante magistrato che lo ha erroneamente citato in un talk show televisivo.
Un fenomeno, questo, che la norma penale intende reprimere in ragione della sua pericolosità che incide fortemente sugli orientamenti politici-culturali-sociali della collettività, sulla reputazione dei soggetti coinvolti ed in generale sulla affidabilità dei mezzi di comunicazione informatici.




