La disposizione chiave è l’art. 5, comma 2, del decreto, secondo cui non concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo – e quindi non sono assoggettate a ritenuta d’acconto – le somme percepite a titolo di rimborso analitico delle spese sostenute per l’esecuzione di un incarico. In pratica, si supera definitivamente il meccanismo previgente (ex art. 54, comma 3, TUIR), che prevedeva l’inclusione dei rimborsi nel reddito del professionista con contestuale deduzione del relativo costo.
Viene quindi superato il meccanismo previsto dall’art. 54, comma 3, TUIR, in base al quale il professionista includeva i rimborsi tra i compensi e contestualmente deduceva le relative spese.
Con il nuovo regime, i rimborsi analitici non sono soggetti a ritenuta d’acconto e non generano componente reddituale, purché correttamente documentati e riferibili specificamente all'incarico.
Esempio pratico: un avvocato incaricato da un cliente per un procedimento civile anticipa € 1.200 di contributo unificato e € 300 di trasferta. Se tali importi vengono addebitati in modo analitico e documentati in fattura, non concorreranno a formare il suo reddito né saranno soggetti a ritenuta d'acconto. Non saranno però nemmeno deducibili come costo. Diversamente, se il rimborso fosse forfettario o indistinto, rientrerebbe nel compenso imponibile.
Dal punto di vista operativo, il riaddebito analitico – cioè documentato e riferito a specifiche spese effettivamente sostenute nell’interesse del cliente – sarà fiscalmente neutro: il professionista non dovrà tassarlo, e il cliente non applicherà la ritenuta d’acconto. Tuttavia, tali spese non saranno deducibili dal reddito del professionista, se non in caso di mancato rimborso per situazioni patologiche debitamente documentate (insolvenza del cliente, prescrizione, ecc.).
La norma prevede inoltre che le spese non rimborsate, se di modesto importo (massimo € 2.500, comprensivi di compenso), siano deducibili dal periodo d’imposta successivo alla scadenza di un anno dalla loro fatturazione, oppure nei casi di insolvenza del cliente (es. apertura di procedure concorsuali o infruttuosità di azioni esecutive).
Anche per i contribuenti in regime forfettario (L. 190/2014) il trattamento resta sostanzialmente invariato. La relazione tecnica al decreto chiarisce che non vi sono effetti finanziari, ma solo l’eliminazione di un meccanismo formale compensativo (inclusione tra i ricavi e deduzione tra i co Anche i contribuenti in regime forfettario applicheranno la nuova disciplina.Resta comunque auspicabile un chiarimento ufficiale da parte dell’Agenzia delle Entrate, anche alla luce della risposta n. 428/2022, che già escludeva dal reddito i rimborsi di spese anticipate in nome e per conto del cliente.
La corretta qualificazione dei rimborsi – soprattutto sotto il profilo dell’analiticità e della documentazione – diventa quindi centrale, anche in sede di controllo.
Da un punto di vista contabile, i professionisti dovranno distinguere in modo rigoroso tra compensi e rimborsi, evitando che questi ultimi si confondano con spese generiche addebitate forfettariamente. Il rispetto del criterio di analiticità e della corretta documentazione rappresenterà dunque la chiave per evitare rilievi in sede di controllo fiscale.




