Di ritorno da Amsterdam, dove è stato nominato presidente della nuova Rete dei sindaci del Partito Socialista Europeo, Roberto Gualtieri alza il livello dello scontro sulla Manovra. La definisce “conservatrice”, “poco coraggiosa” e incapace di incidere sulla crescita. Parole che arrivano mentre i Comuni chiedono ossigeno su costi energetici, servizi sociali e trasporto pubblico locale: se la torta non cresce, chi pagherà il conto? E con quali margini per non tagliare il welfare?
Il sindaco di Roma, con alle spalle un incarico da ministro dell’Economia, individua due nodi: salari e investimenti. A suo giudizio, gli interventi sul lavoro povero e sui rinnovi contrattuali restano timidi rispetto all’erosione del potere d’acquisto. E gli enti locali rischiano di ritrovarsi con più obblighi e meno leve, salvo qualche deroga episodica. Possiamo davvero parlare di politica industriale se gli investimenti pubblici restano compressi e la spesa sociale è costretta a inseguire emergenze?
Il governo rivendica un’impostazione “seria”, concentrata su famiglia, riduzione del carico fiscale, sostegno alle imprese e sanità. Nella cornice della Legge di bilancio 2026, Palazzo Chigi segnala risorse aggiuntive per la sanità e un pacchetto per i redditi medio-bassi legato ai rinnovi. Ma il punto è l’ordine di grandezza: bastano queste misure a muovere il PIL nel 2026? Oppure il loro impatto sarà diluito dai vincoli di finanza pubblica e da una congiuntura globale incerta?
Sul fronte sanitario, si annunciano fondi e assunzioni (infermieri e medici) per alleggerire le liste d’attesa. Bene; ma quanta parte si trasformerà in posti stabili e quanta verrà assorbita da costi correnti e inflazione dei beni sanitari? Nel frattempo, i Comuni segnalano pressioni su disabilità, nidi, assistenza domiciliare: senza autonomia tributaria e trasferimenti coerenti con i fabbisogni, la coperta resta corta.
C’è poi il tema delle città come motore di crescita. L’elezione di Gualtieri ai vertici della rete dei sindaci socialisti europei non è solo simbolica: può favorire scambi su politiche urbane, transizione verde, trasporti e housing. Ma perché questo circuito funzioni, serve una Manovra che incentivi progetti cantierabili, acceleri cofinanziamenti e non rinvii le scelte su capitale umano, digitalizzazione e manutenzione straordinaria. Senza questo, i piani restano slide.
Il giudizio finale? Il governo ha scelto continuità e prudenza; Gualtieri chiede discontinuità e massa critica su salari, investimenti e servizi locali. Chi ha ragione lo diranno i numeri: crescita effettiva, produttività, spesa sanitaria pro capite, tempi di pagamento della PA, qualità dei servizi nei Comuni. Nel frattempo, una domanda resta: in un Paese dal potenziale frenato, è più rischioso osare un punto di PIL in più di investimenti o rinviare ancora le scelte strutturali?