La prima sfida riguarda la responsabilità professionale. Chi risponde degli errori commessi da un sistema di AI? Nel caso di Garfield.Law, la SRA ha chiarito che la responsabilità ricade comunque sull'avvocato supervisore, ma questa soluzione solleva interrogativi sulla reale capacità di controllo umano su decisioni algoritmiche complesse. Le coperture assicurative diventano quindi centrali, ma le compagnie assicurative stanno ancora elaborando modelli di rischio adeguati per questa nuova realtà.
Il principio di confidenzialità, cardine della professione legale, viene messo in discussione quando informazioni sensibili vengono elaborate da sistemi terzi. Come garantire che i dati dei clienti non vengano utilizzati per addestrare algoritmi o riutilizzati per altri scopi? Le normative sulla privacy, come il GDPR europeo, forniscono un quadro di riferimento, ma l'applicazione pratica rimane complessa.
Un aspetto spesso trascurato riguarda l'accesso alla giustizia. L'AI legale potrebbe democratizzare i servizi giuridici, rendendoli accessibili a categorie economicamente svantaggiate. Tuttavia, esiste il rischio di creare un sistema di giustizia a due velocità: servizi premium con avvocati umani per chi può permetterseli e servizi automatizzati di qualità inferiore per gli altri.
La questione dell'autonomia professionale è altrettanto critica. Un'eccessiva dipendenza dall'AI rischia di atrofizzare le capacità critiche degli avvocati, trasformandoli in semplici supervisori di macchine. Il valore aggiunto del professionista legale non risiede solo nella conoscenza normativa, ma nella capacità di interpretare, contestualizzare e sviluppare strategie creative - competenze difficilmente replicabili dall'intelligenza artificiale attuale.
Esaminando i precedenti internazionali, emerge un pattern interessante. Gli Stati Uniti mantengono un approccio cauto, privilegiando l'uso dell'AI come strumento di supporto piuttosto che sostituto dell'avvocato. Il Regno Unito sperimenta soluzioni più audaci ma strettamente regolamentate. L'Unione Europea, con l'AI Act, sta definendo un framework normativo che bilancia innovazione e tutele.
Le prospettive future suggeriscono una coesistenza tra professionisti umani e sistemi di AI, piuttosto che una sostituzione totale. L'intelligenza artificiale eccelle nei compiti routinari, nell'analisi di grandi volumi di dati e nella standardizzazione di procedure, mentre l'elemento umano resta insostituibile per la creatività strategica, l'empatia con il cliente e la gestione di situazioni complesse e inedite.
Per i professionisti del settore, la sfida è duplice: acquisire competenze tecnologiche per utilizzare efficacemente questi strumenti e preservare le competenze distintamente umane che costituiscono il valore aggiunto della professione. La formazione continua diventa quindi essenziale, non solo sugli aspetti tecnici dell'AI, ma anche sui suoi limiti e rischi.
L'intelligenza artificiale rappresenta un'opportunità straordinaria per modernizzare e rendere più efficiente il sistema giustizia, ma richiede un approccio equilibrato che preservi i valori fondamentali della professione legale. Il successo di questa trasformazione dipenderà dalla capacità di sviluppare framework normativi adeguati, standard etici chiari e modelli formativi che preparino i professionisti a lavorare in simbiosi con l'intelligenza artificiale, mantenendo sempre al centro l'interesse del cliente e l'accesso equo alla giustizia.