Un monito tanto netto quanto inaspettato, destinato a scuotere i palazzi di Bruxelles. Durante il suo intervento, tenuto a Bruxelles il 16 settembre a un anno dalla presentazione del suo rapporto sulla competitività, Mario Draghi non ha usato mezzi termini e ha riservato uno dei passaggi più incisivi del discorso all'AI Act: la norma europea sull'intelligenza artificiale. La sua proposta è radicale: sospendere l'implementazione della fase più delicata del regolamento per "comprendere meglio gli svantaggi".
Secondo Draghi, sebbene le prime norme - come il divieto sui sistemi a "rischio inaccettabile" - siano state introdotte senza grandi complicazioni, l'AI Act rimane una "fonte di incertezza" per le imprese e l'innovazione europea. La preoccupazione dell'ex premier si concentra sulla fase successiva, quella che riguarda i sistemi di IA ad "alto rischio" in settori critici come le infrastrutture e la sanità. Implementare queste regole ora, senza una piena consapevolezza delle loro implicazioni, rischierebbe di imbrigliare lo sviluppo tecnologico del continente, proprio mentre Stati Uniti e Cina avanzano a passo spedito. L'Europa, che lo scorso anno ha prodotto solo 3 grandi modelli di IA contro i 40 degli USA e i 15 della Cina, non può permettersi autogol.
La visione di Draghi non è un "liberi tutti", ma un appello al pragmatismo. Invece di una regolamentazione preventiva e potenzialmente soffocante, propone un approccio alternativo: un controllo basato su una "valutazione ex post", che giudichi i modelli di intelligenza artificiale per le loro "capacità nel mondo reale e per i rischi dimostrati". In sostanza, si tratterebbe di valutare gli impatti concreti della tecnologia una volta implementata, piuttosto che tentare di prevederli tutti in anticipo, un compito quasi impossibile data la velocità dell'evoluzione tecnologica.
La richiesta si inserisce nel più ampio allarme lanciato da Draghi sulla necessità per l'Europa di agire con "nuova velocità, scala e intensità” per non restare indietro. La lentezza burocratica e la complessità normativa sono viste come un lusso che l'Unione non può più concedersi. La sua posizione sull'AI Act è solo un esempio di questa filosofia: le regole devono supportare l'innovazione e lo sviluppo, non ostacolarli.