La finanza sostenibile sembra essere scattata in modalità automatica: si disinveste, si riduce l’esposizione verso attività “brown”, si migliora il rating ESG, il tutto sotto l’egida della SFDR. Ma se sembrasse tutto così semplice, allora saremmo già a un punto di svolta reale. Invece, la ricerca della Banca d’Italia evidenzia come questo approccio “light green” – tipico dei fondi Articolo 8 – rischi di generare effetti contraddittori. Sì, queste gestioni hanno ridotto del 3-4% l’esposizione ai titoli più esposti ai rischi ESG rispetto ai fondi tradizionali . Tuttavia, una ricerca più approfondita (Occasional Paper n. 948, luglio 2025) mostra che quel disinvestimento non ha effetto deterrente: le imprese penalizzate non accelerano la transizione, ma — impietosamente — riducono gli investimenti ambientali e aumentano le loro emissioni .
Inoltre, la liquidazione del capitale influisce negativamente sul prezzo delle azioni di queste società. Il risultato? I costi di finanziamento salgono, ma l’effetto non è quello desiderato: invece di guardare alla trasformazione, la direzione aziendale tende a mantenere il modello inalterato. Questo è il vero paradosso: i fondi light green preferiscono disinvestire – soluzione di comodo – piuttosto che impegnarsi in engagement costruttivi .
Viceversa, i fondi Articolo 9 (dark green), che hanno già strategie sostenibili consolidate, non modificano i portafogli proprio perché non hanno “spinta normativa” a farlo: erano già orientati verso imprese a basso rischio ESG .
Il punto è chiaro: la finanza sostenibile funziona solo se con il disinvestimento si accompagna un impegno attivo. Il dialogo, le assemblee, l’azione da azionisti critici — queste leve possono portare il cambiamento culturale dentro le imprese, creando incentivo reale alla transizione. Senza questo, resta una finanza “di facciata”, che sposta capitali ma non risolve i problemi fondamentali.
In sintesi, oggi la SFDR ha già cambiato il modo in cui si comunica (trasparenza, disclosure, classificazioni), e i fondi hanno reagito. Ma servono due elementi essenziali per non restare intrappolati nel paradosso:
- Impegno del management: il capitale da solo non trasforma, serve che le aziende interiorizzino la transizione, allarghino gli investimenti ecologici, rispettino impegni concreti.
- Engagement attivo da parte degli investitori: disinvestire è la scorciatoia, intervenire è la strategia. Solo così si preme per performance reali.
La finanza sostenibile, insomma, non può limitarsi a spostare portafogli: deve scardinare la cultura aziendale. È questa la differenza fra un gesto simbolico e una vera transizione.