News | 10 luglio 2025, 09:00

Un anno all’entrata in vigore della Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza salariale per le imprese

Non sono più ammesse clausole contrattuali che vietano di parlare di retribuzione. Con la legge n. 15/2024, il Parlamento ha dato mandato al Governo di redigere il decreto attuativo. Il recepimento della direttiva dovrà avvenire entro il 7 giugno 2026.

Un anno all’entrata in vigore della Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza salariale per le imprese

Dinanzi a un gender pay gap ancora molto radicato nel mondo del lavoro, in tutti i settori e senza eccezioni, nel 2023, come misura di contrasto e correzione del divario salariale tra uomo e donna che ricoprono lo stesso ruolo o incarico lavorativo equivalente, il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sulla trasparenza salariale (970). Entro il 7 giugno 2026, esattamente tra un anno, tutti gli Stati membri, e di conseguenza anche le imprese, dovranno adottarla; in caso contrario, rischieranno sanzioni e dovranno dimostrare di non aver attuato discriminazioni.
La direttiva europea 2023/970 obbliga i datori di lavoro a garantire una maggiore trasparenza nelle retribuzioni, fornendo ai dipendenti informazioni chiare e accessibili sui criteri utilizzati per determinare gli stipendi e sulle politiche salariali aziendali. Non saranno più ammesse clausole contrattuali che vietano di parlare di retribuzione, abolendo così il cosiddetto “segreto salariale”.
Gli obblighi si applicheranno a tutte le aziende, senza limiti dimensionali, e riguarderanno ogni elemento fisso, variabile e complementare che compone la retribuzione di un dipendente. La mancanza di trasparenza sui livelli retributivi ha, infatti, consentito a lungo un trattamento differenziato tra colleghi con lo stesso ruolo e mansione, penalizzante in alcuni casi anche per gli uomini, ma soprattutto fortemente discriminatorio nei confronti delle donne.
In Europa, le donne guadagnano in media il 13% in meno degli uomini, mentre in Italia, secondo il più recente Rendiconto di genere presentato dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, le donne percepiscono una retribuzione giornaliera mediamente inferiore del 20% rispetto ai colleghi uomini: il 24% in meno nel commercio, il 32% in meno nelle attività finanziarie e il 16% in meno nella ristorazione e nell’alloggio.
Dati allarmanti, che la direttiva europea potrebbe contribuire a correggere in modo sostanziale, nell’interesse dell’intera collettività. Secondo stime della Banca Mondiale, colmare il divario di genere nell’occupazione e nell’imprenditorialità potrebbe infatti aumentare il PIL globale di oltre il 20%.

Ma quali sono gli obblighi delle imprese? 
Le aziende con più di 100 dipendenti dovranno riferire periodicamente (ogni anno o ogni tre anni, in base alla dimensione) dati statistici sui divari retributivi tra uomini e donne.
Le aziende con meno di 100 dipendenti, invece, non avranno alcun obbligo automatico, ma la direttiva lascia agli Stati membri la possibilità di estendere l’obbligo.
In caso di un divario retributivo medio di genere, non giustificato, pari ad almeno il 5%, le imprese saranno tenute a effettuare una valutazione congiunta con le organizzazioni sindacali, con l’obiettivo di ridurre tale divario.
La risposta da parte del datore di lavoro dovrà pervenire entro e non oltre due mesi dalla data di presentazione della richiesta, pena l’applicazione di sanzioni.
Per questo motivo è urgente che tutte le imprese effettuino sin da ora un’analisi del proprio divario salariale e definiscano piani di intervento, per non arrivare impreparate alla scadenza. 

 Linee guida d’obbligo stabilite per l'imprese 

  • Dovranno comunicare la retribuzione iniziale o la relativa fascia già nell’annuncio di lavoro o prima del colloquio, senza chiedere al candidato informazioni sulla retribuzione precedente. 
  •  Il dipendente avrà diritto di ottenere informazioni sui criteri utilizzati per la determinazione della retribuzione, degli avanzamenti di carriera e dei livelli salariali e potrà richiedere anche informazioni sul proprio stipendio e su quello medio, disaggregato per sesso, dei lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. 
  • Dovranno applicare criteri neutri sotto il profilo del genere per valutare lavori di pari valore, evitando discriminazioni indirette legate al genere. 

Perciò, la Direttiva UE 2023/970 rappresenta uno strumento rivoluzionario, volto a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne – e non solo.
“Allinearsi alla Direttiva Europea non rappresenta soltanto un adempimento normativo, ma un’opportunità strategica per le aziende di costruire un ambiente di lavoro più equo, inclusivo e competitivo”, spiega Miriam Quarti, responsabile dell’area Reward & Engagement della società di consulenza Odm Consulting, che conclude:
“Si pongono le basi per una pianificazione strategica della gestione delle persone più equa, trasparente e sostenibile in generale, non solo per quanto riguarda la differenza di genere”.

Nota 
Evitare discriminazioni salariali, introducendo obblighi di trasparenza per i datori di lavoro, sia nel settore pubblico che in quello privato, è al centro della Direttiva UE 2023/970.
Ridurre il gender pay gap, ovvero il divario retributivo, rappresenta l’inizio dell’applicazione di diritti e doveri universali che dovrebbero regolare il rapporto tra lavoratori e imprese.
Allora, perché le imprese con meno di 100 lavoratori dovrebbero essere escluse da questi obblighi, e i lavoratori che ne fanno parte esclusi da questo principio di trasparenza?

Eradis Josende Oberto