Bentornati al nostro appuntamento settimanale dedicato al mondo del Turismo. Oggi salpiamo lungo le coste italiane per esplorare un settore affascinante e strategico: il turismo nautico. Un comparto in continua espansione, ricco di potenzialità e opportunità, ma ancora ostacolato da limiti strutturali e scelte strategiche poco chiare che impediscono il settore di diventare un motore potente e sostenibile per il turismo italiano.
C’è un’Italia che corre sull’acqua, sempre più ricercata dai turisti di tutto il mondo. È l’Italia del turismo nautico, un settore che fino a pochi anni fa veniva osservato con distrazione dalle istituzioni, ma che oggi, sembrerebbe iniziare a ricevere l’attenzione che merita. Un comparto che non solo genera indotto, occupazione e valore aggiunto, ma che potrebbe diventare il cuore pulsante di un nuovo modello di turismo sostenibile e di alta gamma. I numeri parlano chiaro e mostrano che nel 2023 oltre 3 milioni di persone hanno scelto di trascorrere una vacanza in barca in Italia. Un giro di affare pari a 6 miliardi di euro di spesa diretta sul territorio, che diventano 28 miliardi se si somma l’indotto della filiera, dalla cantieristica all’ospitalità portuale, dai charter nautici alla ristorazione costiera, fino ai servizi professionali e tecnici.
L’Italia, con i suoi 7.500 km di coste, è un paradiso naturale per il turismo nautico. Ma nonostante questo vantaggio competitivo non da poco, oggi siamo ancora dietro a Paesi come la Spagna e la Croazia in termini di infrastrutture e qualità dell’offerta.
Secondo le ultime stime, il settore potrebbe crescere del 70% in dieci anni, superando i 10 miliardi di euro di fatturato diretto entro il 2034. Tutto questo a patto che venga finalmente attuata una strategia unitaria, condivisa tra istituzioni, territori e operatori privati.
Un primo segnale incoraggiante è arrivato ad ottobre dal TTG Travel Experience di Rimini, dove per la prima volta è stata dedicata un’intera sezione al turismo nautico. Presenti il Ministro del Turismo Daniela Santanchè, le principali associazioni del settore, e testate di riferimento come Il Giornale della Vela e Barche a Motore, che da anni spendono tempo ed energie per combattere una battaglia culturale per far riconoscere al turismo nautico il suo reale peso economico.
È chiaro che il turismo nautico non è un turismo di nicchia, ma un asset strategico per l’intero comparto turistico nazionale. I numeri non mentono e mostrano un quadro preciso: la spesa media giornaliera del turista nautico è di circa 150 euro, contro gli 85 euro del turista da crociera. Non solo, il turista nautico tende a visitare aree meno battute, favorendo una distribuzione più equa dei flussi e contrastando il fenomeno dell’overtourism.
Otre a ciò, vi è la cantieristica da diporto, che rappresenta oggi il 47% dell’export nautico italiano, e possiede un valore complessivo di 9,1 miliardi di euro. Il settore nel suo complesso, fra produzione, servizi, porti, charter , impiega oltre 220.000 persone, e genera un indotto totale che tocca i 28 miliardi.
Il turismo nautico è sempre più luxury, e sempre più esperienziale. A trainarlo sono i “luxury seekers” , turisti disposti a spendere il 50% in più per esperienze esclusive, e i “wellness worshippers”, che cercano contatto con la natura e benessere, in un’ottica di sostenibilità ambientale.
Nonostante le grandi opportunità offerte dal nostro territorio, l’Italia resta indietro su alcuni fronti chiave: porti turistici insufficienti, iter burocratici macchinosi, poca promozione all’estero e, soprattutto, mancanza di un vero piano strategico nazionale.
Da qui nasce l’iniziativa “L’Italia vista dal mare – Scopri dove ti porto”, promossa da Assonautica Italiana in collaborazione con ENIT e il Ministero del Turismo. L’obiettivo è quello di trasformare i porti turistici in porte d’ingresso ai territori, valorizzando i marina, non solo come ormeggi, ma come vere e proprie strutture ricettive integrate col territorio turistico locale.
Per gli imprenditori, che siano charteristi, gestori di marina, skipper, diving center, scuole vela o fornitori di servizi, è il momento giusto per assecondare questo trend. Il settore si sta strutturando e si sta avvicinando sempre più a un modello imprenditoriale maturo, con opportunità concrete di crescita per le microimprese e per chi vive grazie al mare.
Occorrono investimenti, formazione, accessibilità garantita e sicura, e soprattutto una visione di lungo termine che consenta al settore di fare sistema.