News - 26 giugno 2025, 12:00

Antonio Fini: danzare è un' “impresa”

Intervista ad Antonio Fini patron del Fini Dance New York

Antonio Fini, ballerino, coreografo e imprenditore, parte giovanissimo dalla sua Villapiana Lido, in Calabria, con una valigia piena di sogni e l’idea di restare via solo per poco. Ma quel breve periodo si trasforma in una carriera internazionale: calca i palcoscenici più prestigiosi del mondo, lavora con grandi maestri della danza e si afferma come una figura di riferimento nel panorama artistico globale. Eppure, non dimentica mai le sue radici calabresi né il valore del restituire. Antonio sente profondamente il dovere di condividere ciò che ha ricevuto, offrendo opportunità concrete ai giovani talenti italiani. Lo fa attraverso borse di studio, formazione e progetti che uniscono Italia e Stati Uniti. Per lui, la danza è molto più di una carriera: è una missione. Un’arte che modella, eleva e trasforma. Un lavoro quotidiano, fatto con la cura di un artigiano e la visione di un imprenditore del bello, del talento e del made in Italy.

Da ballerino, a coreografo, da maestro a imprenditore della danza. Quando ha capito che qualcosa si stava evolvendo?
Il mio punto di arrivo era ben delineato. Da sempre ho avuto un piede sul palcoscenico e una mano sul computer. Ho capito che la capacità organizzativa poteva adattarsi alla creatività artistica. Dopo qualche esitazione ho sposato di essere artista e manager di me stesso.

Gestire un’attività tra l’Italia e gli Stati Uniti non è semplice. Quali sono le maggiori difficoltà amministrative e burocratiche che ha incontrato nei due Paesi?
Dal 2015 ho fondato Fini Production LLC, una compagnia americana con sede negli Stati Uniti. Essendo anche cittadino americano, ho potuto strutturare la gestione in modo estremamente efficiente, sia dal punto di vista logistico che amministrativo. Grazie a questa realtà imprenditoriale, posso operare a livello internazionale attraverso un sistema centralizzato, chiaro e snello. In Italia, il mio lavoro è affiancato da due associazioni culturali – Alto Jonio Dance e IFCA – con cui collaboro attivamente per portare avanti la programmazione artistica del festival e le iniziative legate alla formazione.
La differenza tra i due contesti, soprattutto sul piano burocratico, è netta. Negli Stati Uniti, ad esempio, la fiscalità è più lineare: le dichiarazioni sono annuali e il quadro normativo risulta più stabile e comprensibile. In Italia, invece, le procedure sono spesso lente, i documenti richiesti numerosi e le norme soggette a frequenti cambiamenti, il che rende la gestione più articolata.
Nonostante ciò, credo che il segreto stia nella capacità di adattamento: conoscere a fondo i due sistemi, costruire una rete solida di collaboratori locali e mantenere sempre uno sguardo internazionale. È proprio in questo equilibrio tra due mondi che risiede la forza del mio lavoro.

Con il Fini Dance Festival ha creato un ponte tra New York e la Calabria. Quanto è importante oggi per un giovane artista pensarsi come “imprenditore” del proprio talento?
Oggi, per un artista, è essenziale essere anche imprenditore di sé stesso. Lavorare come freelance richiede talento e disciplina, ma anche visione strategica e capacità di gestione.
Nel mio caso, dagli Stati Uniti ho imparato l’importanza del branding. Molte compagnie portano il nome del loro fondatore: da qui è nata FiniDance, il nome della mia compagnia e del mio festival. In Italia la scelta ha inizialmente diviso, ma oggi FiniDance è un brand riconosciuto, simbolo del mio ponte tra due mondi. Un’altra competenza chiave è la gestione dei social. Oggi profili come Instagram, TikTok o YouTube sono vetrine professionali: mostrano chi sei, cosa fai e come lo comunichi. I social permettono di costruire un pubblico, generare opportunità e ampliare il proprio raggio d’azione.
Essere imprenditori di sé stessi significa anche pianificare il futuro. Negli USA è più semplice investire e gestire autonomamente le proprie finanze. In Italia il sistema è più complesso, ma strumenti come l’Istituto Previdenziale permettono comunque di costruire un percorso coerente. La differenza oggi la fa chi unisce competenza artistica e mentalità imprenditoriale. L’artista completo è anche un solido manager di sé stesso.

Le borse di studio che Lei offre durante le Sue Master Class rappresentano un’opportunità concreta per tanti giovani talenti di formarsi a New York. Cosa La spinge a investire così tanto nelle nuove generazioni e che valore ha, per Lei, restituire qualcosa al territorio da cui è partito?
Le borse di studio offerte attraverso il Fini Dance Festival sono molto più di un sostegno economico: sono un atto di fiducia, un investimento nel talento e nel futuro dei giovani. Ho ricevuto opportunità che hanno cambiato la mia vita, e oggi sento il dovere – e il desiderio – di restituire. Formarsi a New York significa confrontarsi con l’eccellenza, uscire dalla propria zona di comfort e aprirsi a un mondo di possibilità. Vedere ragazzi partire dalla Calabria e da altre regioni italiane e brillare nei teatri di tutto il mondo è una delle emozioni più forti che possa vivere.
Restituire alla mia terra è una missione che porto avanti con orgoglio. Offrire opportunità dove spesso si avverte solo distanza dai grandi centri è il mio modo per dire ai giovani: Anche tu puoi farcela. Il mondo ti aspetta. E il tuo talento conta”.

Stefano Farinetti

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