News | 16 maggio 2025, 19:30

Prezzi Walmart: aumento in arrivo nonostante la tregua sui dazi

I prezzi saliranno nonostante l’accordo USA-Cina. Cosa significa davvero questo per le tasche dei consumatori americani?

Prezzi Walmart: aumento in arrivo nonostante la tregua sui dazi

Le corsie sembrano le stesse, ma quanto pagheremo alla cassa? È la domanda che aleggia negli Stati Uniti dopo l’annuncio di Walmart: i prezzi saliranno entro fine maggio, a prescindere dall’accordo sui dazi appena siglato da Washington e Pechino.

Per novanta giorni, le tariffe su migliaia di prodotti cinesi sono state tagliate dal 145 % al 30 %. Finalmente un respiro? Non proprio. «Faremo di tutto per tenere bassi i prezzi, ma l’entità dei dazi, seppur ridotti, supera la nostra capacità di assorbire i costi», ha ammesso il CEO Doug McMillon. Il margine operativo del retail vale pochi centesimi per dollaro; l’effetto-cascata è inevitabile.

Il CFO John David Rainey ha quantificato l’impatto: primi rincari a fine mese, impatto pieno a giugno. Nel frattempo Walmart ha diffuso risultati sopra le attese: vendite comparabili negli USA +4,5 % nel primo trimestre ed e-commerce +22 %, con il primo trimestre di redditività online della storia del gruppo. Eppure la cautela domina: nessuna guidance sugli utili del secondo trimestre, mentre la stima di crescita annua delle vendite resta fra il 3 % e il 4 %.

La variabile politica pesa. McMillon e altri big della distribuzione hanno incontrato il presidente Trump per ottenere chiarezza sul calendario dei dazi, esprimendo la propria preoccupazione per l’impatto sul carrello. L’incontro non ha sciolto i nodi: la Casa Bianca promette di «valutare» un’estensione della tregua, ma nessuno azzarda previsioni.

Nel frattempo il colosso di Bentonville lancia «Grow with US», programma che premia i fornitori statunitensi e punta a riportare in patria parte della filiera. Basterà? Oggi circa un terzo degli scaffali Walmart ospita merce prodotta in Cina o in Messico; sostituirla richiederà tempo e investimenti che, ironia della sorte, potrebbero tradursi in ulteriori aumenti.

La mossa di Walmart arriva in un contesto già teso: l’inflazione generale è scesa al 2,3 % annuo, mentre quella su alimentari e bevande per il consumo domestico resta al 2 %. I salari reali però rimangono sostanzialmente piatti, riducendo il margine di manovra dei consumatori. Se perfino il più grande rivenditore americano non riesce più a fare da scudo, che ne sarà delle catene regionali? Gli analisti prevedono una polarizzazione: chi dispone di scala globale potrà spalmare i costi su volumi enormi, mentre le piccole insegne rischiano di perdere quote di mercato e potere di negoziazione.

Per i consumatori si profila un bivio scomodo: pagare di più o cambiare abitudini di acquisto. Chi sceglierà le private label? Chi tornerà ai discount? E, soprattutto, quanti mesi durerà la «pausa» tariffaria prima che la battaglia doganale riprenda? Senza risposte certe, il carrello della spesa resta il termometro più fedele della geopolitica.

Paolo D'Ascenzi